RECENSIONE: HALLOWEEN - IL PASSATO E' UNA LAMA TAGLIENTE
Non mi riferisco a cose improvise o inaspettato, ma quando durante l'arco della giornata pensate che dovrebbe succedere qualcosa di specifico ma in cui sperate ed effettivamente poi accade?
Quel senso di appagamento, soddisfazione, quel rilascio di endorfine momentaneo che ti fa stare bene tutta la giornata perché sei appagato?
Ecco, Halloween è stato questo. Finalmente una conferma dopo quel misto di soddisfazione ed amarezza di Venom e quel "ma che diavolo continuo a spenderli a fare sti Yog Sothoth
di soldi" di The Predator.
Eppure pretese non ce n'erano.
Del resto ditemi il più recente slasher movie che non vi ha lasciato con quel sapore di stantio in bocca? E' dura vero?
Invece Halloween c'è riuscito. E' riuscito in un'impresa in cui dovrebbero cimentarsi tutti i registi di questo movimento "nostagia" che ci sta riproponendo vecchie icone horror e non degli anni '80:
Riuscire ad innovare ritornando al passato
Non sto tirando frasi a caso, innovare con il passato si può, anzi a mio modesto avviso, si DEVE, almeno per alcuni particolari brand ed il regista David Gordon Green ci riesce in scioltezza con questa nuova versione di Myers, con l'aiuto di una sempre in gambissima Jamie Lee Curtis e delle musiche di John Carpenter che, apriti cielo, risulterebbero perfette anche per un matrimonio.
Ma che significa "innovare ritornando al passato"?
La cosa che ha reso realmente iconici personaggi come Jason, Freddy Krueger, Michael Myers e company, oltre ovviamente ai singoli design e al background, era un elemento comune a tutti questi serial killer: erano forze a servizio del male, inarrestabili.
Nel corso degli anni tra sequel e contro sequel, chi più, chi meno, tutti questi brand si sono allontanati da questo elemento e sono caduti contemporaneamente nel senza fondo baratro del cliché, spostando l'attenzione dalla forza/malvagità/sadicità del singolo verso la semplice spettacolarizzazione degli omicidi. In molti, non in tutti per fortuna, i protagonisti erano invece le vittime, paradossalmente, o per essere più precisi, il modo in cui questi "agnelli sacrificali" di turno sarebbero stati immolati.
Michael Myers ne è un esempio lampante. Nei vari sequel proposti si è passati attraverso scuole private, scelte appositamente come scusa per inserire il classico gruppetto adolescenziale da buttare sul patibolo, ad un reality (UN REALITY CAPITE!!), per poi arrivare, addirittura, al tentativo di Rod Zombie di dare un senso alla mente distorta di Michael, di umanizzarlo, nel tentativo di renderlo più umano, senza però rendersi conto che la cosa che rende questi personaggi amati è proprio il fatto che umani non sono.
David "Ispettore" Gordon Green e gli sceneggiatori del film hanno intuito che forse nel corso della storia del brand, qualcosa deve essere andato storto (un pò come l'evoluzione umana) e non solo hanno riportato Myers al centro dell'attenzione, ma fregandosene totalmente di tutto quello che era successo prima, di tutte le versioni uscite e delle vaccate fatte nel corso degli anni.
Più volte nel corso del film viene rimarcato, anche in maniera brutale, la voglia di distaccarsi nettamente dal passato. Niente chiacchiere, nessuna frase simbolo, nessun motivo per cui lui debba agire in un certo modo. E' Michael Myers, il diabolico incubo di Halloween, una forza inarrestabile resa ancora più inafferabile grazie ad alcuni piani sequenza ben dosati ma d'effetto, con delle scene che dalla soddisfazione mi volevo quasi fumare un sigaretta post prestazione.
Non è, però, solo una scelta simbolica. E' l'intero film a voler prendere le distanze da tutto quello che negli anni si è accumulato, appesantendo enormemente l'immagine di Michael.
Già dalla trama. Snella e semplice.
Niente scuole, feste, case con telecamere o analisi introspettive del perché proprio con "quella" maschera.
Michael è in prigione per quello che ha fatto 40 anni prima. Lei é sopravvissuta ma, dopo quello che ha dovuto subire, è diventata una fanatica survivalista, pronta al ritorno del caro piccolo Myers qualora ce ne fosse stato bisogno. Come se non bastasse, la nonna disconosciuta di Bear Grylls, nel corso della sua vita ha cresciuto anche sua figlia come una macchina per uccidere, con tutte le conseguenze che questo tipo di scelta comporta nel loro rapporto. Ovviamente, ad un certo punto del film Michael fugge dalle mani scivolose della legge e torna a seminare il panico, proprio nella notte di Halloween.
E diciamolo.
Sarà che la SPA della prigione era eccellente o che il sangue ha incredibili proprietà tonificanti per la pelle, ma Michael è più in forma che mai e il design della maschera è stupendo (con quell'effetto un pò vissuto e logoro che con la fotografia del film ci sta da Dio, l'ho amato all'istante).
Cruento, implacabile e maligno.
Si perché Laurie, interpretata dalla sempre bravissima Jamie Lee Curtis, in questa timeline, come già anticipato, è una survivalista ultra cazzuta e iperviolenta (roba che Rambo scansati proprio) e la cosa crea un effetto strano.
In questa versione il classico binomio predatore/preda non esiste....entrambi sono predatori.
Tutto il percorso che Michael fa, è solo una scusante ed un antipasto per quello che sarà lo scontro finale con Laurie, più cazzuta che mai e allo stesso tempo pronta ad eliminare una volta per tutte il "piccolo" assassino. In tutto questo Gordon Green si diverte come un pazzo a scambiare i ruoli, con cliché classici del serial killer che magicamente, vengono compiuti dalla Laurie e viceversa.
Lo si può gridare con le braccia rivolte al cielo:
Alleluja, fratelli!
Il miglior sequel mai girato fino ad ora. Ci metto la faccia ed il Simbionte stesso.
Se l'andazzo continua ad essere questo, non vedo l'ora di vedere cosa si inventeranno per il fashion blogger Freddie e l'adorabile Jason.
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